Nel Regno Unito il movimento anti-israeliano BDS (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) ha molto seguito, tanto da indurre il governo a correre ai ripari. Nel 2014, per esempio, il consiglio comunale di Leicester aveva optato per una compagna contro i prodotti che aveva il marchio “Made in Israel”, favorito, secondo i media, da un incremento degli abitanti di fede musulmana della città che al momento rappresentano poco più del 15% della popolazione. Per questo, sta andando avanti lo studio della proposta di rendere reato penale la propaganda contro i prodotti, beni e servizi che provengono da Israele per tutti gli enti pubblici, consigli comunali, amministrazioni locali, associazioni studentesche che ricevono finanziamenti pubblici.
Secondo fonti governative, le adesioni al movimento BDS potrebbero “minare le relazioni tra comunità, avvelenare e polarizzare il dibattito ed alimentare l’antisemitismo”. La decisione del governo britannico ha suscitato le critiche delle organizzazioni che promuovono il BDS e del partito laburista, il cui leader Jeremy Corbyn, noto per aver preso più volte posizioni antisioniste, è dell’idea che “i cittadini hanno il diritto di eleggere rappresentanze locali in grado di prendere decisioni autonome dalle scelte del governo centrale, comprese quelle che riguardano gli investimenti o l’acquisto di beni e servizi considerati non etici”.
Corbyn non ha perso l’occasione di fare un accostamento fra Israele e l’apartheid in Sudafrica: “Il bando che il governo di Londra si prepara ad approvare avrebbe messo fuori legge tutte le proteste della società civile contro il Sudafrica dell’apartheid. Il governo impone le politiche del Partito conservatore agli organi amministrativi locali”.
Tirare in ballo l’apartheid è un vecchio trucco dei gruppi antisionisti. Un trucco che ha già rivelato la sua totale infondatezza.
